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La funzione del racconto nella prassi educativa

Il metodo narrativo è sicuramente uno degli strumenti educativi e formativi più accreditati. La pedagogista Rosangela Pozzi ci guida all'interno di questo mondo, a cui i bambini sono esposti e che essi stessi creano.

10.09.2018

La funzione del racconto nella prassi educativa - Immagine: 1

Il metodo narrativo è sicuramente uno degli strumenti educativi e formativi più accreditati. Esso consiste nell’utilizzo di racconti, storie, testi, con o senza illustrazioni, il cui intento è legato ad aspetti di conoscenza di sé e di comunicazione-relazionale interpersonale. 

Il pensiero narrativo consiste in una narrazione mentale in cui i rapporti tra le varie parti, cioè “il filo logico”, sono dati dalla sequenza spazio-temporale con cui queste parti o elementi si susseguono. In esso sono sempre presenti due tipi di contenuto. Innanzitutto ci sono le azioni:si narra qualcosa e questo è caratterizzatoda un dinamismo temporale (ci sono un prima e un dopo) e da un dinamismo spaziale (ci sono un vicino e un lontano, un davanti e un dietro).Ciò che viene raccontato non è un oggetto o qualcosa di statico e inanimato, ma un’azione e un evento. L’altro contenuto del pensiero narrativo è costituito dalle intenzioni.L’azione, infatti, è sempre di qualcuno e deriva dalle intenzioni, dalle aspettative, dalle credenze del soggetto che la mette in atto. Nella narrazione queste intenzioni sono rese esplicite: diventano una parte integrante del racconto e gli forniscono una possibile chiave di lettura. 

Ogni bambino è esposto a un mondo narrato
Ascolta narrazioni, ricostruzioni di vicende della vita quotidiana da parte degli adulti che lo circondano e spesso è fruitore di racconti, per lo più fantastici, narrati dai grandi appositamente per lui. Alcune storie sono capite e apprezzate precocemente. La prima è la propria storia personale. E’ importantissimo che l’adulto racconti la storia del bambino. 
Attraverso i racconti che gli altri fanno, il bambino dà un senso alla sua vita, ne coglie la continuità e si crea un’immagine di se stesso coerente nello spazio e nel tempo. Ognuno di noi costruisce e racconta (a se stesso e agli altri) la storia della propria vita molte volte e, nei diversi racconti, alcune parti si ripetono in maniera molto simile, mentre altre vengono modificate, omesse o aggiunte. Gli studi sulle autobiografie sottolineano come, raccontando la propria vita, l’uomo cerchi di darle un senso e una coerenza. Queste caratteristiche, infatti, non sono implicite nella vita stessa e non sono individuate in modo univoco, cioè una volta per tutte. E’ vero, invece, che il senso del proprio essere e del proprio agire viene ricostruito continuamente alla luce dei fatti e delle nuove conoscenze. 
I bambini mostrano anche grande passione per le storie di famiglia, la scelta del loro nome e così via.Anche questo interesse nasce dalla ricerca di continuità e di senso e permette al bambino di vivere indirettamente fatti e avvenimenti a cui non ha potuto partecipare e lo rassicurano nel suo bisogno di sentirsi atteso e desiderato, oltre a permettergli di inserirsi in una storia più ampia rispetto a quelli della sua storia personale: egli sente infatti di partecipare come protagonista alla storia della sua famiglia. 
Strumenti utili per raccontarsi e raccontare sono le fotografie, per creare per esempio un album personale per ogni bambino con la sua storia, oppure foto con i componenti della famiglia attuale e componenti delle famiglie dei genitori, gli amici del nido, le educatrici da esporre al nido e a casa: tutti loro sono la storia. 


Scarica l'articolo gratuitamente da Educare03, 2018, n. 4.

Rosangela Pozzi

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