Alla nascita di Mitia un'infermiera del reparto di patologia neonatale mi sussurrò: "Se vuole il bambino lo può lasciare qui!". Il senso della realtà mi sfuggiva e il mio cervello, di ciò ne vado fiera, non contemplava questa ipotesi. Eppure, a quanto pare, agli occhi di terzi era una soluzione possibile anche solo per il fatto che essa è una facoltà riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico.
L'accettazione parte da qua, da una norma di legge (il riconoscimento) e assume tutto un altro significato e dimensione nell'arco della vita con un figlio che non rispecchia il tipico profilo, nel senso dei tratti fisici, della stragrande maggioranza degli abitanti del mondo
Devi accettare che tuo figlio venga osservato e "riosservato", magari l'osservazione si protrae anche per qualche secondo. E' tanto, per... qualche... secondo...! Ve lo posso garantire.
Ti succede, non te ne devi vergognare se a volte il tuo sguardo si fa più alto di quello di tuo figlio, come un drone o meglio come uno scudo. Gli altri guardano, guardano tuo figlio e tu guardi loro con sguardo severo.
Ti può anche succedere che non guardi proprio l'ambiente che ti circonda, per non incrociare occhiate che inesorabilmente cadono su di lui. Così soffri e ti incazzi una volta di meno.
L'accettazione è scherzare con Mitia (scherzo tanto con lui). Mi avvalgo dello scurrile linguaggio adolescenziale per giocare (oggi che è adolescente) ad armi pari; lo so può essere che non sia pedagogicamente corretto, ma ho deciso che non importa. Mi importa, invece, che il suo viso, le sue mani e i suoi piedi divengano oggetto di burla tra di noi e che lui, giustamente, mi risponda in modo non proprio formale, ma sempre nell'ambito di un contesto divertente che ci possiamo permettere perché sappiamo che dietro un'apparenza non perfetta c'è tanto altro.
Scherzare su queste cose? Sì, proprio su queste! Quelle cose che il senso comune del pensiero vorrebbero che fossero taciute e magari celate sotto un velo di compassione. Qui, veramente, il livello di comprensione si fa alto e condivisibile con pochi.
Quando l'accettazione è a regime, questo gioco viene spontaneo: nulla è più un tabù ed è così che deve essere. La presa di coscienza e la capacità di "maneggiare" i propri limiti fa sì che ci si approcci alla vita con una certa serenità (merce rara anche tra i più normali), ricercando, di volta in volta, il proprio nuovo equilibrio, nello stesso modo in cui una radio cerca di sintonizzarsi si una nuova frequenza a seconda del cambio di zona".
"La tua sicurezza è la sua forza, le tue paure sono le sue vergogne! ... E quando ti raggiunge il pensiero "magari per lui è troppo" o "forse non ce la fa": è in quel momento che devi avere un colpo di reni e attivarti, tuo figlio ne uscirà fortificato e gratificato dalla dimostrazione del saper fare, anche lui."
Questi brani, tratti dal libro di Chiara Moretti ed Enzo Isopo "Sindrome di Apert: una mamma ancora, sempre e comunque" (ed. Sephirah, 2017) sostengono tutti noi ad affrontare la propria crescita e quella dei bambini, rispettosi delle soggettività e delle potenzialità di ciascuno.