Ambientare un bambino al nido significa ritagliare per lui un posticino che lo faccia sentire sicuro e protetto, significa soprattutto accogliere lui e tutta la sua famiglia perché gli anni che poi si passeranno insieme siano ricchi e costruttivi per tutti.
In Italia ci sono diversi stili, ma tutti condividono l’arco temporale, ovvero la durata di minimo due settimane di disponibilità. La realtà è che sempre meno genitori si possono permettere di prendere così tanti giorni di ferie e, soprattutto, facendo un conto reale delle ore trascorse dal genitore all’interno della struttura, ci si accorge di come queste siano veramente poche.
Da qualche anno però è approdato in Italia un nuovo modello nato in Svezia. L’ambientamento si concentra in 3 giorni, ma le ore che il genitore trascorre all’interno della struttura sono decisamente di più rispetto al modello italiano.
Nel concreto la coppia rimane all’interno del nido dalle ore 9.30 alle ore 15.30 (o dalle 9.30 alle 13.00 in caso di part-time) per 3 giorni di seguito. Il quarto giorno il genitore accompagna il bambino al nido alle 9.30 ma lo saluta e va via. In caso di difficoltà, se l’educatrice lo ritiene necessario, è possibile che venga richiamato e trascorra anche la quarta giornata al nido. Il distacco a questo punto si ritenta il giorno successivo.
Diversi sono i punti di forza di questo modello.
Innanzi tutto offre ai genitori la possibilità di vedere esattamente cosa succede durante una normale giornata di nido, le educatrici infatti nella maggior parte dei casi sono alle prese con i bambini già frequentanti. I genitori possono così conoscere meglio tutto il personale e osservare le diverse modalità di relazione che vengono messe in atto con i bambini presenti. Ancor più di tante parole, questa opportunità offre ai genitori la possibilità di immaginarsi un domani l’educatrice in relazione al proprio bambino.
Inoltre, la presenza di bambini già frequentanti rasserena i genitori sul percorso di crescita che attende il proprio figlio. Molti infatti, soprattutto durante il pranzo e il sonno, si rendono conto che bastano pochi mesi di frequenza al Nido per rendere i bambini più autonomi e capaci di superare alcuni momenti di difficoltà senza le figure di riferimento genitoriali.
Ovviamente non tutto quello che i genitori vedono li rasserena, anzi, di contro, alcune abitudini che per le educatrici sono la quotidianità, potrebbero spaventarli. Per esempio pezzetti di cibo troppo grandi a tavola, l’utilizzo delle posate di metallo, materiali considerati da loro potenzialmente pericolosi durante il gioco potrebbero essere per loro motivo di ansia. Il fatto che tutto questo sia visibile sin dai primi giorni permette al personale del nido di gestire subito queste paure senza farle necessariamente crescere. Generalmente scoprire che dietro ad ogni scelta c’è una chiara motivazione pedagogica rasserena i genitori e anche i più ansiosi si mettono in una condizione critica nei confronti del proprio pensiero.
Poter offrire ai genitori, sia a quello che ha affrontato l’ambientamento sia a quello che l’ha vissuto a distanza, la possibilità di vivere un momento di scambio e confronto con gli altri sarebbe poi la giusta conclusione di questo percorso. Si può, per esempio, offrire la colazione ai genitori nella quarta giornata. Alle 9.30, una volta lasciati i bambini, i genitori possono essere invitati in una stanza adiacente per permettere loro di esprimere la propria esperienza alla presenza di un mediatore (pedagogista, psicologo…) che faciliti la condivisione.
Ambientare un bambino in 3 giorni sia chiaro non è come usare una bacchetta magica che elimina lacrime e problemi (lacrime che poi non sono altro che il modo di comunicare dei bambini), ma ritengo sia dare la possibilità a una famiglia di vivere veramente il nido. E’ un po’ come spalancare, più che aprire, le porte della propria struttura per poter conquistare la fiducia dei genitori, facendo vedere davvero quello che si è, la propria storia e i propri valori.
Essere aperti e trasparenti nel momento della costruzione di una relazione credo sia davvero la chiave del suo successo e questa modalità di ambientamento offre questa possibilità.
In linea generale comunque si è potuto constatare anche una maggiore serenità dei bambini, a mio avviso dovuta principalmente a due fattori: le ore che passano al nido con il genitore prima di essere lasciati nelle braccia delle educatrici sono molte e i genitori – potendo vedere e toccare con mano – sono davvero più consapevoli, convinti e, di conseguenza, sereni.
Detto questo è importante che il genitore non dimentichi mai alcune accortezze valide per ogni tipo di ambientamento:
- sempre salutare il bambino quando lo lascia e avvisarlo quando si sposta all'interno del nido, per non generare la paura di una "sparizione" non comprensibile,
- provare ad accogliere le emozioni del figlio, anche la gelosia del dover condividere il proprio genitore con il gruppo dei pari,
- riuscire a mediare tra l'individualità del proprio bambino, le sue scelte, la sua voglia di sperimentare e il gruppo, con le sue routine ormai consolidate.
Per prima cosa la possibilità di vedere la relazione tra genitore e bambino e non solo sentirsela raccontare durante il colloquio e poi il poter di conseguenza individuare strategie che si possono mettere in atto con i bambini quando non ci sono gli adulti di riferimento.
Inoltre mettersi “a nudo” davanti alle famiglie permette di creare quel rapporto di fiducia con i genitori sicuramente in minor tempo rispetto a prima e questo non può che migliorare da subito la qualità del lavoro educativo.
In ultima analisi non si può di certo nascondere la fatica del condividere un’intera giornata con i genitori accogliendo sempre con serenità e flessibilità le loro ansie, i loro dubbi e le loro richieste, ma è una fatica che viene ripagata dall’ingresso dei bambini che, spesso già in quarta giornata, entrano al nido con il sorriso.
Silvia Piazzi
Articolo comparso su Educare06, 2019, n. 2.