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Le buone pratiche musicali

Rispettare un'ecologia sonora degli ambienti di apprendimento riducendo i rumori costanti e invasivi; osservare, valorizzare il canto del bambino e guidarlo a un utilizzo espressivo della voce; valorizzare gli stimoli sonori e le produzioni sonore. Il bambino ne è fruitore e attivo creatore!Queste sono alcune tematiche che la musicoterapeuta Maria Teresa Nardi ci illustrerà.

05.07.2019

Le buone pratiche musicali - Immagine: 1
Le buone pratiche musicali - Immagine: 2
1. Rispettare un'ecologia sonora degli ambienti d'apprendimento riducendo i rumori costanti e invasivi

( come la musica sempre accesa di sottofondo)

L’incontro del bimbo con il nido/scuola dell’infanzia coincide anche con l’incontro con sonorità e rumorosità di spazi aperti, saloni, atri, corridoi abitati da bambini. Ogni ambiente è contrassegnato da suoni e rumori propri, ai quali si sommano quelli creati dagli “abitanti”, con le loro voci e il loro “fare”, diversi da quelli domestici, dunque nuovi per le orecchie del piccolo e che per questo motivo richiedono tempo e fatica per essere conosciuti. La mistura di tutte queste sonorità, con intensità e durate diverse, ci induce a riflettere su quanto le condizioni acustiche incidano sullo “stare bene”: trasferirsi da uno spazio acustico all'altro, scegliere ambienti con condizioni acustiche differenti per le varie attività,  comportamenti vocali e sonori del personale, rumori di passi, stoviglie, porte... sono situazioni che richiedono da parte degli adulti una presa di coscienza sulla presenza e produzione dei suoni in ogni momento della giornata e soprattutto su quanto questa incida sul benessere e non sia indifferente al bambino. La naturale sensibilità verso il mondo sonoro espone il bimbo all'incontro con tutte queste sonorità in modo totalizzante, concreto, reale, a cui non può sottrarsi, su cui non ha alcun potere decisionale. 

Il sonoro invade, impregna, si impone, manca di limiti ed è onnipresente!. 

Questa condizione comporta una riflessione su protezione e occupazione dello spazio sonoro; il sonoro supera le abituali barriere protettive, mura e divisori, è intrusivo, alle volte lo è in maniera talmente violenta che rende sordi e ferisce psichicamente. Il piccolo può essere investito da sonorità del luogo spaventevoli, dilaganti, allarmanti, disturbanti, continue e discontinue, che entrano, non desiderate, nel suo “spazio uditivo”, poiché suoni e rumori non sempre sono prevedibili, noti, attesi, non sempre si è pronti a riceverli. È necessario fare particolare attenzione all'impasto sonoro che si genera dagli ambienti e dai suoi abitanti, responsabile anch'esso del benessere dei bambini. Un’educatrice attenta potrà cogliere segnali di inquietudine, di fastidio e affaticamento verso sonorità sgradevoli, che si tramutano talvolta in comportamenti ansiosi, aggressivi, nervosismi e stanchezza ingiustificati, capricci, che incidono su relazioni interpersonali, trasmissione e comprensione dei messaggi verbali, attenzione e coinvolgimento nelle attività, soprattutto da parte dei bambini piccoli e molto sensibili alle sonorità.


2. Osservare, valorizzare il canto del bambino e guidarlo a un utilizzo espressivo della voce

Prima imparano a cantare e poi a parlare!

Pare, infatti, che i piccoli già a sei mesi siano in grado di imitare dei toni cantati e contemporaneamente siano capaci di riprodurre il contorno dell’intonazione del linguaggio parlato, facendo delle esplorazioni prelinguistiche, lungo una gamma di altezze discendenti. Intorno ai nove mesi la maggior parte dei bambini comincia a produrre delle “lallazioni cantate” – definite musical babbling – in risposta a un’esperienza di ascolto. Queste produzioni canore non evidenziano alcun rapporto con il profilo delle altezze e il ritmo della melodia ascoltata, anzi il piccolo tende a non ripetere sempre gli stessi suoni ma li varia molto in altezza, usando sia vocali sia sillabe. Intorno all'anno  molti sono in grado di riprodurre spontaneamente qualche gesto/movimento mentre un adulto canta per loro, segno questo di una avvenuta assimilazione del materiale musicale. Verso i 18 mesi si colloca un’altra importante tappa dello sviluppo canoro: i piccoli cantano spontaneamente, senza tuttavia usare ancora parole comprensibili. Avvicinandosi al secondo compleanno, in questi canti spontanei è possibile riconoscere qualche passaggio di canzoncine familiari. Dopo i due anni si fanno più numerosi i tentativi di imitare i canti ascoltati e l’apprendimento di un canto passa prima attraverso l’interiorizzazione del testo, quindi del ritmo e infine della melodia, che resta però imprecisa ancora per alcuni anni. 

Accanto a queste produzioni vi sono le emissioni vocali – gli effetti timbrici che il bambino produce in autonomia quando gioca (imita accelerazioni, frenate, tonfi, scoppi...); il linguaggio intonato, ossia frasi linguistiche di senso compiuto che i piccoli ripetono come tiritera su suoni fissi; il canto monologo: il bimbo canta quando è isolato e concentrato nel proprio atto canoro e intento ad ascoltarsi. 

Educatori e genitori, per rinforzare queste capacità innate di produzione canora, dovrebbero offrire canzoncine adatte allo sviluppo del piccolo: testi non troppo lunghi e/o complessi sotto il profilo melodico e soprattutto organizzare e proporre giochi con diversi “modificatori della voce” – tubi, scatole, imbuti, megafoni naturali, contenitori vari di diverse dimensioni – affinché il piccolo possa essere invogliato a esplorare le proprie capacità vocali producendo suoni in libertà. Ho avuto modo di verificare, in più di un’occasione, che questi giochi aiutano molto i piccoli che hanno qualche difetto di pronuncia o sono in leggero ritardo con lo sviluppo linguistico. 


3. Dare al bambino la possibilità di produrre suoni e musica fin dai primi mesi di vita. Valorizzare gli stimoli sonori e le produzioni sonore di cui il bambino è fruitore e attivo creatore

Al nido si “fa musica” concretamente: con le mani nell'esplorazione sonora, con la bocca nell'uso della voce, con il corpo quando si danza, con l’ambiente quando lo si suona. Questo “fare” musica comporta che educatrice e bambini si “sporchino” di suoni e rumori e coltivino insieme l’idea che “si fa musica con qualunque tipo di attività e qualunque tipo di suono”. 

La musica fatta dai piccoli è del corpo, delle mani... che grattano, sfregano, scuotono, percuotono... i bimbi lo fanno quando hanno un qualsiasi oggetto tra le mani. Il compito principale dell’adulto sarà quello di progettare adeguate situazioni e organizzare l’ambiente, affinché il piccolo possa manipolare una serie di oggetti sonori/ strumenti musicali per produrre suoni  e rumori, e si possa impegnare in azioni quali: produrre, variare ripetere, inventare... la sua musica! Le prime produzioni avverranno in un angolo morbido con il cestino dei suoni e dei rumori, successivamente con la conquista della deambulazione l’ambiente intorno diventa lo strumento privilegiato “da suonare”: picchiano su pavimento, termosifoni... fantastico gioco sonoro, ma anche motorio. 

Sarà utile offrire ai bimbi anche strumenti musicali, poiché così si garantisce la possibilità di produrre/ ascoltare “veri” suoni. 

L’adulto, durante la ricerca e l’esplorazione sonora, affiancherà il bambino, prendendo a modello e riproducendo fedelmente le produzioni sonore spontanee per comprendere, confermare e valorizzare il bambino. 


4. Ai piccolissimi non si deve insegnare nulla "sull'arte dell'ascolto", sanno già tutto!

Hanno imparato ad ascoltare quando erano nella pancia della mamma e continuano a farlo attentamente anche dopo la nascita. Dieci minuti dopo il parto, i neonati iniziano a mostrare attenzione per un suono dolce, girando gli occhi verso la sorgente sonora, reagiscono a un rumore forte e improvviso con contrazioni muscolari e nei giorni successivi si orientano solo verso suoni brevi e in rapida successione. 

Le reazione agli stimoli sonoro-musicali, presenti già in epoca prenatale, si sviluppano nei primi sei mesi, quando maturano le competenze percettive e si perfezionano rapidamente i centri di analisi uditiva.

L’attenzione è un tratto costante della percezione musicale infantile e sembra essere rivolta principalmente alla qualità sonora complessiva dell’evento musicale. L’intensità dei suoni, inoltre, è il primo parametro percepito, mentre la sensibilità a differenza d’altezza e di durata si manifesta lentamente. Un intervento educativo, dunque, deve proporre ascolti con significativi cambi d’intensità (piano/forte), di altezze (acuto/grave) e di durate (lungo/breve), nonché prevedere momenti di esplorazione sonora. La musica classica, a mio parere, è senz'altro  una proposta d’ascolto utile ed educativa.


Maria Teresa Nardi, musicoterapeuta.

Articolo comparso su Educare03, 2015, n. 2.

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